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Diritto d'autore e globalizzazione nell'era delle reti informatiche

Ciò che segue è la trascrizione di un intervento al MIT nel Forum sulla comunicazione di giovedì 19 aprile 2001.


DAVID THORBURN, moderatore: Il nostro relatore di oggi, Richard Stallman, è una figura leggendaria nel mondo informatico, e la mia esperienza nel cercare di trovare un correlatore per condividere il podio con lui è stata istruttiva. Un distinto professore del MIT mi ha detto che Stallman deve essere visto come una figura carismatica in una parabola biblica – un tipo di aneddoto-lezione del Vecchio Testamento. «Immagini», mi ha detto «un Mosè o un Geremia – meglio un Geremia». E io ho detto, «Bene, davvero ammirevole. Suona meraviglioso. Conferma la mia sensazione sul tipo di contributo che ha dato al mondo. Allora perché è riluttante a dividere il podio con lui?». La sua risposta: «Come Geremia o Mosè, semplicemente ne sarei sopraffatto. Non terrò un discorso insieme a lui, ma se mi avesse chiesto di nominare cinque persone viventi nel mondo che hanno veramente aiutato tutti noi, Richard Stallman sarebbe uno di essi».

RICHARD STALLMAN: Dovrei [iniziare spiegando perché ho rifiutato di permettere che questo Forum fosse trasmesso sul web], nel caso non fosse pienamente chiaro qual è il problema: il software che usano per la trasmissione sul web richiede che l'utente scarichi del software per poter ricevere la trasmissione. Questo software non è software libero. È disponibile a costo zero ma solo come eseguibile, cioè una misteriosa serie di numeri.

Ciò che fa è segreto. Non lo si può studiare; non lo si può modificare; e certamente non se ne può pubblicare una versione modificata. E queste sono tra le libertà essenziali incluse nella definizione di “software libero”.

Così, se devo essere un onesto sostenitore del software libero, non posso andare in giro a fare discorsi e poi spingere le persone ad usare software non libero. Nuocerei alla mia stessa causa. E se non mostro di prendere i miei principi sul serio, non posso aspettarmi che altri li prendano sul serio.

Comunque, questo discorso non riguarda il software libero. Dopo che ho lavorato al movimento per il software libero per vari anni e si è incominciato ad usare alcuni pezzi del sistema operativo GNU, ho cominciato ad essere invitato a tenere discorsi [nei quali] [...] il pubblico iniziava a chiedermi: «Bene, come si generalizzano le idee sulla libertà per gli utenti del software ad altri tipi di cose?»

E, naturalmente, facevano domande stupide come: «Bene, dovrebbe essere libero l'hardware?», «Dovrebbe essere libero questo microfono?»

Bene, che significa questo? Si dovrebbe essere liberi di copiarlo e modificarlo? Bene, per modificarlo, se si compra il microfono, nessuno ci impedirà di modificarlo. E per copiarlo, nessuno ha una copiatrice di microfoni. Al di fuori di Star Trek, queste cose non esistono. Forse un giorno ci saranno analizzatori ed assemblatori nanotecnologici, e sarà realmente possibile copiare un oggetto fisico, e allora il problema del se si è liberi di farlo o meno comincerà ad essere davvero importante. Vedremo aziende agricole che cercheranno di impedire alle persone di copiare il cibo, e questo diventerà un problema politico importante, se mai esisterà questa capacità tecnologica. Non so se succederà; è solo speculazione a questo punto.

Ma per altri tipi di informazioni, si può sollevare il problema perché ogni tipo di informazione che può essere memorizzata su un computer, presumibilmente, può essere copiata e modificata. Così i problemi etici del software libero, i problemi del diritto di un utente di copiare e modificare il software, sono gli stessi per altri tipi di informazioni pubblicate. Ora non parlo delle informazioni private, diciamo, le informazioni personali, che non devono essere mai rese disponibili al pubblico. Parlo dei diritti che si devono avere se si ottengono copie di cose pubblicate dove non si riscontrino tentativi di tenerle segrete.

Per spiegare le mie idee in materia, vorrei rivedere la storia della distribuzione delle informazioni e del diritto d'autore. Nel mondo antico, i libri erano scritti a mano con una penna, e chiunque sapesse leggere e scrivere poteva copiare un libro efficacemente come chiunque altro. Ora qualcuno che lo facesse tutto il giorno, probabilmente, aveva imparato a farlo meglio, ma non c'era una differenza sostanziale. E poiché le copie erano fatte una per volta, non c'era un'economia di scala. Fare dieci copie richiedeva dieci volte il tempo che ci voleva per fare una copia. Non c'era inoltre niente che imponesse una centralizzazione; un libro poteva essere copiato ovunque.

Ora a causa di questa tecnologia, poiché non imponeva che le copie fossero identiche, non c'era nel mondo antico la stessa differenza sostanziale tra copiare un libro e scrivere un libro. Ci sono cose nel mezzo che avevano senso. Capivano l'idea di un autore. Sapevano, diciamo, che una certa commedia era stata scritta da Sofocle, ma tra scrivere un libro e copiare un libro, c'erano altre cose utili che si potevano fare. Per esempio, si poteva copiare parte di un libro, poi scrivere alcune nuove parole, copiare ancora e scrivere alcune nuove parole e così via. Questo era detto “scrivere un commentario” – era una cosa comune da fare – e questi commentari erano apprezzati.

Si poteva anche copiare un passaggio da un libro, poi scrivere altre parole, e copiare un passaggio da un altro libro e scrivere ancora e così via, e questo era fare un compendio. Anche i compendi erano molto utili. Ci sono opere che sono andate perdute, ma parti di esse sono sopravvissute se erano citate in altri libri che hanno avuto più popolarità dell'originale. Forse si sono copiate le parti più interessanti, e così se ne sono fatte molte copie, ma non ci si è preoccupati di copiare l'originale, perché non era abbastanza interessante.

Ora per quanto posso dire, non c'erano cose come il diritto d'autore nel mondo antico. Chiunque volesse copiare un libro poteva copiare il libro. Più avanti, è stata sviluppata la stampa e i libri hanno iniziato ad essere stampati. Ora la stampa non è stata solo un miglioramento quantitativo per copiare agevolmente. Ha influenzato i diversi tipi di copia in modo diverso perché ha introdotto una certa economia di scala. Era necessario molto lavoro per impostare la macchina tipografica e molto meno lavoro per fare molte copie identiche della pagina. Così il risultato è stato che copiare i libri incominciò a diventare un'attività centralizzata di produzione di massa. Le copie di un determinato libro probabilmente saranno state fatte solo in alcuni luoghi.

Significava inoltre che i lettori normali non potevano copiare i libri efficacemente. Solo se si aveva una macchina per la stampa lo si poteva fare: era un'attività industriale.

Ora per i primi secoli della stampa, i libri stampati non hanno sostituito totalmente le copie fatte a mano. Venivano ancora fatte copie a mano dei libri, a volte dai ricchi e a volte dai poveri. I ricchi lo facevano per avere una copia particolarmente bella che avrebbe dimostrato quanto erano ricchi, e i poveri lo facevano perché forse non avevano abbastanza soldi per comprare una copia stampata, ma avevano tempo di copiare un libro a mano. Come dice la canzone, «Il tempo non è denaro quando tutto ciò che hai è il tempo».

Così le copie a mano si facevano ancora. Credo che sia stato nel 1800 che la stampa è diventata in realtà abbastanza economica che anche i poveri si potevano permettere libri stampati se sapevano leggere.

Ora il diritto d'autore si è sviluppato insieme all'uso della stampa e data la tecnologia della stampa, ha avuto l'effetto di una regolamentazione industriale. Non limitava ciò che potevano fare i lettori; limitava ciò che potevano fare gli editori e gli autori. Il diritto d'autore in Inghilterra è stato inizialmente una forma di censura. Si doveva avere il permesso del governo per pubblicare il libro. Ma l'idea è cambiata. Al tempo della Costituzione Americana, si giunse ad un'idea diversa del fine del diritto d'autore, e credo che quell'idea sia stata accettata anche in Inghilterra.

Per la Costituzione Americana fu proposto che gli autori dovevano avere un diritto d'autore, un monopolio sulla copia dei loro libri. Questa proposta fu respinta. Invece, fu adottata una proposta fondamentalmente diversa e cioè che, per promuovere il progresso, il Congresso poteva stabilire eventualmente un sistema di diritti d'autore che avrebbe creato questi monopoli. Così i monopoli, secondo la Costituzione Americana, non esistono per il bene di chi li possiede; esistono per promuovere il progresso della scienza. I monopoli sono concessi agli autori come un modo per modificare il loro comportamento affinché facciano qualcosa che sia utile al pubblico.

Così l'obiettivo è avere più libri scritti e pubblicati che altri possano poi leggere. E si ritiene che questo contribuisca ad una maggiore attività letteraria, a scrivere maggiormente di scienza e di altri campi, e che la società impari attraverso questo. Questo è il fine che deve essere perseguito. La creazione di monopoli privati è stata solo un mezzo per giungere ad un fine, e il fine è un fine pubblico.

Ora il diritto d'autore nell'era della stampa era praticamente indolore perché era una regolamentazione industriale. Limitava solo le attività degli editori e degli autori. Bene, in senso stretto, anche i poveri che copiavano i libri a mano potevano infrangere il diritto d'autore. Ma nessuno cercò mai di imporre il diritto d'autore contro di essi perché fu considerato una regolamentazione industriale.

Il diritto d'autore nell'era della stampa era anche facile da imporre perché doveva essere imposto solo dove c'era un editore, e gli editori, per natura, si facevano conoscere. Se si cerca di vendere libri, si deve dire al pubblico dove andare a comprarli. Non si deve andare nelle case di tutti ad imporre il diritto d'autore.

E, infine, il diritto d'autore può essere stato un sistema benefico in quel contesto. Il diritto d'autore in America è considerato dagli studiosi di legge un patto tra il pubblico e gli autori. Il pubblico scambia alcuni dei suoi naturali diritti di fare copie, e in cambio ottiene il beneficio di avere più libri scritti e pubblicati.

Ora, è un patto vantaggioso? Bene, quando il pubblico non può fare copie perché queste possono essere fatte efficacemente solo con macchine per la stampa – e la maggior parte delle persone non ha macchine per la stampa – il risultato è che il pubblico sta scambiando una libertà che non può esercitare, una libertà che non è di nessun valore pratico. Perciò se si possiede qualcosa che non è di primaria importanza nella propria vita ed è inutile, e si ha la possibilità di scambiarla per qualcos'altro di qualunque valore, ci si guadagna. Così è per questo che il diritto d'autore può essere stato un patto vantaggioso per il pubblico in quel tempo.

Ma il contesto sta cambiando, e questo deve cambiare la nostra valutazione etica del diritto d'autore. Ora i principi fondamentali dell'etica non sono modificati dai progressi nella tecnologia; sono troppo fondamentali per essere toccati da simili contingenze. Ma le nostre decisioni su una determinata questione dipendono dalle conseguenze delle alternative disponibili, e le conseguenze di una data scelta possono cambiare quando cambia il contesto. Questo è ciò che succede nell'area della legge sul diritto d'autore perché l'era della stampa è giunta alla fine, lasciando gradualmente spazio all'era delle reti informatiche.

Le reti informatiche e le tecnologie dell'informazione digitale ci riportano ad un mondo più simile al mondo antico dove chiunque sapesse leggere ed usare le informazioni poteva anche copiarle e poteva fare copie facilmente come poteva farle chiunque altro. Esse sono copie perfette e sono valide quanto le copie che potrebbe fare chiunque altro. Così la centralizzazione e l'economia di scala introdotta dalla stampa e da simili tecnologie se ne sta andando.

E questo cambiamento nel contesto generale cambia il modo in cui funziona la legge sul diritto d'autore. Vedete, la legge sul diritto d'autore non ha più una funzione di regolamentazione dell'industria: è diventata una restrizione draconiana imposta al pubblico. Tale legge voleva originariamente essere una restrizione imposta agli editori a favore degli autori; oggi, all'atto pratico, è una restrizione imposta al pubblico a favore degli editori. Una volta il diritto d'autore era una pratica relativamente priva di effetti negativi, che non suscitava discussioni, e non costituiva una limitazione per il pubblico; ora ciò non è più vero. Se possedete un computer, l'interesse primario degli editori è di imporvi delle restrizioni. Il diritto d'autore una volta era facile da far rispettare perché era una restrizione solo per gli editori, e questi ultimi erano semplici da trovare ed era facile esaminare ciò che pubblicavano. Ora il diritto d'autore è una restrizione su tutti voi; imporne il rispetto richiede sorveglianza – di fatto un'intrusione – e pesanti pene, e stiamo vedendo l'introduzione di queste misure nelle leggi degli Stati Uniti e di altri paesi.

Il diritto d'autore era effettivamente uno scambio vantaggioso per il pubblico perché quest'ultimo dava in cambio delle libertà che di fatto non poteva esercitare. Bene, ora il pubblico può farlo. Cosa fate se avete un sottoprodotto che una volta non vi serviva, eravate abituati a scambiarlo e improvvisamente ne scoprite un uso? Potete consumarlo o utilizzarlo. Cosa farete effettivamente? Non lo scambiate affatto, ma ne tenete almeno una parte. E questo è ciò che il pubblico vorrebbe ovviamente fare. È ciò che il pubblico fa ogniqualvolta gli viene data voce per esprimere la propria preferenza, detiene una parte della propria libertà e la esercita. Napster, in cui il pubblico decide di esercitare la libertà di copia invece di rinunciarvi, è un grande esempio di questo principio. La cosa naturale da farsi per rendere la normativa sul diritto d'autore adatta alla situazione odierna è ridurre l'ammontare di potere nelle mani dei detentori del diritto d'autore, ridurre la quantità di restrizioni che essi impongono al pubblico, e aumentare la libertà che il pubblico detiene.

Ma questo non è quello che vogliono gli editori: ciò che vogliono è esattamente l'opposto. Gli editori intendono aumentare i poteri del diritto d'autore sino al punto in cui essi possano controllare rigidamente tutti gli usi delle informazioni. Ciò ha portato a delle leggi che concedono un aumento di potere senza precedenti per i detentori del diritto d'autore. Le libertà che il pubblico era solito possedere nell'era della carta stampata vengono via via sottratte.

Ad esempio, guardiamo gli e-book, tremendamente di moda oggi: è veramente difficile non venirne in contatto. Ho preso un aereo mentre ero in Brasile e nella rivista a bordo c'era un articolo che prevedeva che entro 10 o 20 anni saremmo tutti passati agli e-book. Chiaramente, questo tipo di campagna pubblicitaria è pagata da qualcuno; perché? Io penso di saperlo. La ragione è che gli e-book costituiscono l'opportunità per togliere alcune delle libertà che i lettori della carta stampata hanno sempre avuto e continuano ad avere – la libertà, per esempio, di prestare un libro ad un amico, o di prenderlo a prestito da una biblioteca pubblica, o di venderne una copia ad un negozio di libri usati, o di comprarne una copia in modo anonimo e senza dover inserire un record in un database contenente i dati di chi ha comprato quel particolare libro. E forse persino il diritto di leggerlo due volte.

Sono queste le libertà che gli editori vorrebbero sottrarre, ma non possono farlo per i libri stampati perché sarebbe una presa di potere troppo ovvia e provocherebbe una reazione generalizzata. E così hanno trovato una strategia indiretta: prima di tutto, ottengono che la legislazione elimini questi diritti per gli e-book quando non ci sono e-book; e così non c'è alcuna controversia. Non esistono lettori di e-book che difenderanno le libertà a cui erano abituati: e questo obiettivo è stato ottenuto con il Digital Millenium Copyright Act del 1998. Quindi sono stati introdotti gli e-book, di modo che gradualmente tutti cominciassero ad usarli, e il risultato finale è che i lettori hanno perso le libertà di cui sopra senza che ci sia stato un preciso momento in cui quelle libertà siano state sottratte e si potesse combattere per riottenerle.

Allo stesso tempo si possono osservare tentativi per privare le persone delle loro libertà nell'uso di altri tipi di opere pubblicate. Per esempio, i film su DVD vengono cifrati in un formato che una volta era segreto – era stato progettato per essere segreto – e l'unico modo per farsi dire dalle compagnie cinematografiche il metodo di cifratura, in modo da poter costruire dei lettori DVD, era firmare un contratto che obbligava a implementare determinate restrizioni nel lettore; con il risultato che il pubblico non avrebbe potuto esercitare i propri diritti legali. A un certo punto alcuni programmatori europei scoprirono il formato dei DVD e scrissero un programma libero per leggerli. Ciò rese possibile utilizzare software libero e GNU/Linux per guardare un DVD regolarmente acquistato, il che è una cosa assolutamente legittima. Sarebbe giusto poterlo fare con software libero.

Ma le società cinematografiche non erano d'accordo, e portarono la questione in tribunale. Sapete, le società cinematografiche una volta producevano un sacco di film con scienziati pazzi e gente che diceva loro: «Dottore, ci sono alcune cose che l'Uomo non dovrebbe conoscere». Probabilmente queste società hanno visto troppi dei loro film e sono giunte alla conclusione che il formato dei DVD era qualcosa che l'Uomo non doveva conoscere, e sono riuscite ad ottenere una sentenza di censura totale sul software usato per leggere i DVD. Persino inserire un collegamento ad un sito fuori dagli Stati Uniti, dove le informazioni relative siano legalmente disponibili, è stato proibito. La sentenza è già stata portata in appello; io ho firmato in tale occasione una memoria come sostenitore (friend-of-the-court brief), e ne sono orgoglioso, anche se in effetti sto giocando un ruolo piuttosto piccolo in questa battaglia.

Il governo degli Stati Uniti è intervenuto direttamente a sostegno della parte avversa, il che non è sorprendente se si considera il motivo per cui il Digital Millennium Copyright Act è stato approvato in prima istanza. La ragione risiede nel sistema di finanziamento delle campagne elettorali che abbiamo qui negli Stati Uniti, cioè essenzialmente una corruzione legalizzata in cui i candidati vengono comprati dalle imprese prima ancora di essere eletti. E, ovviamente, sanno bene chi sono i loro padroni – sanno per chi stanno lavorando – e approvano le leggi che danno maggior potere alle imprese.

Non sappiamo cosa succederà alla fine di questa battaglia. Ma nel frattempo l'Australia ha approvato una legge simile e anche l'Europa sta per farlo; il piano è di non lasciare alcun posto a questo mondo dove queste informazioni siano disponibili. Gli Stati Uniti rimangono comunque in prima posizione nel cercare di impedire al pubblico di distribuire informazioni che siano state pubblicate.

Gli Stati Uniti non sono tuttavia il primo paese per cui ciò rappresenti una priorità: anche per l'Unione Sovietica era molto importante. Lì fare copie non autorizzate e ridistribuirle era noto come samizdat e per debellare questo fenomeno fu sviluppata una serie di metodi: prima di tutto, guardie vicino ad ogni dispositivo di copia, per controllare cosa venisse copiato e per impedire copie vietate. Secondo, dure punizioni per chiunque fosse sorpreso con copie illecite: si poteva essere spediti in Siberia. Terzo, incoraggiare i delatori, chiedendo a tutti di spiare i propri vicini e colleghi e riferire alla polizia. Quarto, responsabilità collettiva – Tu! Tu sei responsabile per quel gruppo di persone! Se becco uno qualsiasi di loro con copie illegali, in prigione ci vai tu. Quindi, è meglio se li controlli bene. E, quinto, propaganda, a partire dall'infanzia, per convincere tutti che solo un tremendo nemico del popolo farebbe queste copie illecite.

Gli Stati Uniti stanno utilizzando tutti questi metodi. Prima di tutto, persone a guardia dei dispositivi di copia. Nelle copisterie ci sono guardie umane per controllare cosa si copia; ma per controllare cosa si copia nel proprio computer gli esseri umani sarebbero troppo dispendiosi; il lavoro umano è troppo costoso. E quindi ci sono robot a guardia: è questo lo scopo del Digital Millennium Copyright Act. L'unico modo per accedere a certi dati è inserire un particolare software, che vi impedisce di copiare quegli stessi dati, nel vostro computer.

Esiste un piano per introdurre questo software all'interno di ogni hard disk, e in questo modo potreste trovarvi dei file all'interno del vostro hard disk a cui non potete accedere a meno di ottenere il permesso da un qualche server di rete. E cercare di aggirare questo software o persino dire ad altre persone come aggirarlo costituisce un crimine.

Secondo, punizioni dure. Alcuni anni fa, copiare qualcosa e darla ad un amico senza fini di lucro non costituiva un reato: non lo era mai stato negli Stati Uniti. Dopodiché venne reso un crimine, e si può essere incarcerati solo per aver condiviso qualcosa con un proprio vicino.

Terzo, informatori. Beh, avrete visto le pubblicità in TV e nella metropolitana di Boston che spingevano a denunciare i propri colleghi alla polizia dell'informazione, ufficialmente nota come Software Publishers Association.

Quarto, responsabilità collettiva. Negli Stati Uniti ciò è stato fatto cooptando gli ISP, rendendoli legalmente responsabili per tutto ciò che i loro utenti inviano su Internet. L'unico modo che hanno per non essere considerati responsabili è applicare una procedura non modificabile per disconnettere l'utente o rimuovere l'informazione inviata entro due settimane da un reclamo. Solo qualche giorno fa ho sentito che un sito di protesta contro alcune politiche negative di City Bank è stato eliminato in questo modo. Oggigiorno, non si fa nemmeno in tempo ad arrivare in tribunale: il vostro sito viene semplicemente eliminato.

Ed infine la propaganda, che comincia dall'infanzia: è a questo scopo che viene usato il termine “pirata”. Se ci pensate, qualche anno fa il termine “pirata” era utilizzato per definire gli editori che non pagavano gli autori. Ora il significato è completamente cambiato. Ora viene applicato a membri del pubblico che sfuggono dal controllo degli editori. Viene usato per convincere le persone che solo un nemico del popolo farebbe delle copie illegali. Il termine trasmette il messaggio che “condividere qualcosa con un vostro simile è moralmente equivalente ad attaccare una nave”. Spero che non siate d'accordo con questa frase e se non lo siete spero che vi rifiuterete di utilizzare la parola con questo significato.

E così gli editori stanno acquistando delle leggi che diano loro maggiori poteri. Inoltre, stanno anche aumentando la durata del diritto d'autore. La Costituzione degli Stati Uniti dice che il diritto d'autore deve rimanere valido per un periodo di tempo limitato, ma gli editori vogliono che esso duri per sempre. Tuttavia ottenere una modifica costituzionale sarebbe piuttosto difficile, e così hanno trovato un modo più facile per ottenere lo stesso risultato. Ogni 20 anni si estende in maniera retroattiva il diritto d'autore di 20 anni. E così il risultato è che ad ogni istante il diritto d'autore dura nominalmente per un certo periodo ed ogni dato diritto d'autore ad un certo momento terminerà. Ma quel termine non verrà mai raggiunto perché ogni diritto d'autore sarà esteso di 20 anni ogni 20 anni: e così nessuna opera verrà mai lasciata al dominio pubblico. Questa pratica è stata chiamata “copyright perpetuo rateizzato”.

La legge del 1998 che estende il diritto d'autore di 20 anni è nota come il Mickey Mouse Copyright Extension Act perché uno dei principali sponsor della legge fu la Disney. La Disney capì che il diritto d'autore su Topolino stava per scadere, e questo è qualcosa che voleva assolutamente evitare, perché quel diritto d'autore è fonte di grossi introiti.

In effetti il titolo di questo intervento doveva essere “Diritto d'autore e Globalizzazione”. Ciò che si può vedere osservando la globalizzazione è che essa consiste in una serie di politiche portate avanti nel nome dell'efficienza economica tramite i cosiddetti accordi per il libero commercio, che in realtà sono pensati per dare potere alle imprese a scapito delle leggi e della politica. Non c'entrano niente con il libero scambio, ma piuttosto con un trasferimento di potere: togliere il potere decisionale e legislativo ai cittadini di un qualsiasi Paese, che potrebbero plausibilmente tenere in considerazione i propri interessi, e attribuirlo alle imprese, che non terranno nella minima considerazione l'interesse di quei cittadini.

Dal loro punto di vista, è la democrazia ad essere un problema e questi accordi sono stipulati per porvi fine. Ad esempio, il NAFTA contiene dei provvedimenti che, a mio avviso, consentono alle compagnie di querelare un altro governo per sbarazzarsi di una legge che ritengono contrasti con i loro profitti in quel Paese. Così, una compagnia straniera ha più potere dei cittadini di una nazione.

Sono in atto tentativi per estendere tutto ciò oltre il NAFTA. Ad esempio, questo è uno degli scopi della così detta “area del libero scambio delle Americhe”, estendere questo principio a tutti i Paesi sudamericani e caraibici, e l'accordo multilaterale sugli investimenti doveva estenderlo a tutto il mondo.

Una cosa che si è vista negli anni 90 è che questi accordi hanno cominciato ad imporre il diritto d'autore in tutto il mondo, in maniera sempre più forte e restrittiva. Questi trattati non sono accordi per il libero scambio. Sono in realtà accordi commerciali che vengono utilizzati per dare alle aziende il controllo sul commercio in tutto il mondo, in modo da eliminare il libero scambio.

Quando nel 1800 gli Stati Uniti erano un paese in via di sviluppo, lo stato non riconosceva i diritti d'autore stranieri. Questa fu una decisione presa con attenzione, e fu una decisione intelligente. Si convenne che, per gli Stati Uniti, il riconoscere quei diritti sarebbe stato semplicemente svantaggioso e che avrebbe spillato denaro senza essere particolarmente utile.

Oggi si dovrebbe applicare la stessa logica ai Paesi in via di sviluppo, ma gli Stati Uniti hanno potere a sufficienza per costringerli ad andare contro i loro stessi interessi. In realtà è un errore parlare degli interessi delle nazioni in questo contesto. Infatti, sono sicuro che la maggior parte di voi abbia sentito dell'errore nel cercare di giudicare l'interesse pubblico come somma della ricchezza di ciascuno. Se gli americani che lavorano perdessero un miliardo di dollari e Bill Gates ne guadagnasse due, gli americani sarebbero in generale più ricchi? Questo sarebbe un bene per l'America? Se si guarda solo al totale, sembra lo sia. Tuttavia, questo esempio mostra in realtà che guardare al totale è il modo sbagliato di giudicare, poiché Bill Gates non ha alcun bisogno di altri due miliardi di dollari, ma la perdita di un miliardo di dollari da parte di chi non ha altrettanto da cui partire può essere dolorosa. Dunque, in una discussione su uno di questi trattati commerciali, quando si sente qualcuno parlare degli interessi di questa o quella nazione, quello che sta facendo, a proposito di quella nazione, è sommare le entrate di tutti. I ricchi vengono sommati ai poveri. È solo una scusa per mettere in atto lo stesso inganno in modo da far sì che si ignori l'effetto sulla distribuzione delle ricchezze all'interno del Paese e se gli accordi la renderanno più ineguale, come è accaduto negli Stati Uniti.

In questo modo non è l'interesse degli Stati Uniti a giovarsi dell'inasprimento delle norme sul diritto d'autore in tutto il mondo. È solo quello di alcuni imprenditori, molti dei quali vivono in quel paese, mentre altre risiedono altrove. Ciò non favorisce in alcun modo l'interesse pubblico.

Ma cosa ha senso fare? Se crediamo nello scopo del diritto d'autore, come scritto ad esempio nella Costituzione degli Stati Uniti, cioè quello di promuovere il progresso, quali sarebbero le linee politiche intelligenti da seguire nell'era delle reti informatiche? Chiaramente, invece di aumentare i poteri del diritto d'autore, dovremmo ridimensionarli in modo da dare al pubblico un certo grado di libertà, in base il quale si possa far uso dei benefici della tecnologia digitale e delle reti informatiche. Ma fino a che punto si deve arrivare? È una domanda interessante, poiché non credo che sia necessario abolire totalmente il diritto d'autore. L'idea di scambiare alcune libertà per un maggior progresso sarebbe vantaggiosa ad un certo livello, anche se il diritto d'autore tradizionale rinuncia a troppa libertà. Ma per ragionare in maniera intelligente su tutto ciò, la prima cosa che si deve riconoscere è che non c'è alcuna ragione di rendere tutto uniforme. Non c'è alcuna ragione per insistere nel fare lo stesso accordo per tutti i tipi di opere.

Infatti, questo non è già più il caso poiché esistono numerose eccezioni per la musica. La musica è trattata in maniera molto differente dalla legge sul diritto d'autore. Ma i produttori usano astutamente un'arbitraria insistenza sull'uniformità. Prendono in esame alcuni casi particolari e producono degli argomenti secondo cui, in quei casi particolari, sarebbe vantaggioso avere tutto questo diritto d'autore. Successivamente affermano che, per uniformità, le restrizioni applicate nei casi particolari devono essere estese a tutto. Così, chiaramente, essi prendono ad esempio il caso particolare per cui possono produrre gli argomenti più forti, anche se questo caso è piuttosto raro e non veramente importante.

Ma forse, per quel caso specifico, è giusto che ci sia tutto quel diritto d'autore. Non si deve pagare lo stesso prezzo per tutto quello che si compra. Spendere un migliaio di dollari per una macchina nuova sarebbe un buonissimo affare, ma spenderne altrettanti per una confezione di latte sarebbe, al contrario, un pessimo affare. Di certo, in altre situazioni della vita, non si pagherebbe un prezzo speciale per tutto ciò che si compra. Perché farlo in questo caso?

Perciò le opere devono essere considerate di diversa tipologia e vorrei proporvi un possibile modo per farlo.

Questo include ricette, programmi per il computer, manuali e libri, opere di consultazione come i dizionari e le enciclopedie. Credo che per tutte queste opere funzionali la questione sia essenzialmente la stessa del software e possono essere applicate le stesse conclusioni. Si dovrebbe avere la libertà anche di pubblicare una versione modificata, poiché modificare una di queste opere è molto utile. I bisogni delle persone non sono gli stessi per tutti. Se io scrivo un'opera affinché faccia qualcosa che io credo debba essere fatto, a questo proposito qualcun altro potrebbe avere un'idea differente. Dunque questa persona potrebbe voler modificare quello che ho fatto per fargli fare ciò che è meglio per lui. A questo punto, altre persone potrebbero avere gli stessi bisogni di chi ha modificato l'originale e la versione modificata potrebbe andar bene anche per loro. Tutti quelli che cucinano lo sanno, e lo sanno da un sacco di tempo. È del tutto normale fare copie di ricette e distribuirle ad altri ed è altrettanto normale modificare una ricetta. Se si cambia una ricetta e la si prepara per gli amici ed a loro piace, questi potrebbero chiedere: «Posso avere la ricetta?». Dunque, si scriverà la propria versione della ricetta e se ne daranno le copie agli amici. Questa è la stessa cosa che molto tempo dopo si è cominciato a fare nella comunità del software libero.

Ecco una prima classe di opere. La seconda tratta delle opere il cui obiettivo è diffondere quello che pensano determinate persone. Parlare di queste persone è il loro intento. Questo include, ad esempio, memorie, saggi di opinioni, articoli scientifici, offerte di acquisto e vendita, cataloghi di prodotti in vendita. Il punto centrale di queste opere è che esprimono ciò che qualcuno pensa, ha visto o crede. Modificarli significa mistificare ciò che intende dire l'autore; così modificare queste opere non è un'attività socialmente utile. Perciò la copia fedele è l'unica cosa di cui si ha realmente bisogno di essere autorizzati a fare.

La domanda successiva è: le persone dovrebbero avere il diritto di commerciare copie fedeli? O la copia fedele senza fini di lucro è abbastanza? Queste si devono considerare due attività differenti, per questo motivo si discuterà delle due domande separatamente – il diritto di fare copie fedeli a scopo non commerciale e quello di farle a scopo di lucro. Dunque, potrebbe essere un buon compromesso quello di avere copie commerciali coperte dal diritto d'autore accordando però a tutti il diritto di farne copie non commerciali. In questo modo, il diritto d'autore sulle versioni commerciali, così come sulle versioni modificate – solo l'autore può approvare una versione modificata – fornirà lo stesso flusso di entrate che fornisce adesso per sovvenzionare la scrittura di queste opere, in qualsiasi misura lo faccia.

Ammettere la copia fedele non commerciale vuol dire che il diritto d'autore non deve invadere più la casa di nessuno. Diventa nuovamente una regolamentazione industriale, facile da rinforzare ed indolore, non richiedendo più punizioni draconiane ed informatori per inasprirla. Così noi possiamo trarre il massimo del beneficio – ed evitare al massimo l'orrore – del sistema attuale.

La terza categoria riguarda le opere artistiche o di intrattenimento, in cui la cosa più importante è la sensazione che si prova nel guardarle. Per queste il problema della modifica è molto complesso poiché, se da un lato c'è l'idea che queste opere riflettono la visione di un artista, modificandole si mistifica questa visione. Dall'altro, si ha il fatto che spesso esiste un processo di rielaborazione popolare, in base al quale attraverso le modifiche apportate da una serie di persone, si producono a volte dei risultati di alto livello. È spesso utile per gli artisti anche attingere da opere precedenti. Alcune delle opere di Shakespeare si basano su trame prese da opere altrui. Se fossero state in vigore le attuali leggi sul diritto d'autore, queste opere sarebbero state illegali. Dunque, la questione del cosa fare circa la pubblicazione di versioni modificate di un'opera artistica è complessa e potremmo dover pensare a qualche ulteriore suddivisione della categoria per risolvere questo problema. Ad esempio, gli scenari di giochi per il computer potrebbero essere trattati in un modo differente, ognuno potrebbe essere libero di pubblicarne versioni modificate. Ma, probabilmente, un romanzo dovrebbe essere trattato diversamente: forse per questo, la pubblicazione a scopo commerciale dovrebbe richiedere un accordo con l'autore originale.

Ora, se la pubblicazione commerciale di queste opere artistiche è coperta da diritto d'autore, fornirà la maggior parte delle entrate oggi disponibili per sostenere gli autori e i musicisti, nella misura limitata in cui il sistema attuale li sostiene, dal momento che svolge una pessima funzione. Perciò questo potrebbe essere un compromesso ragionevole, come nel caso di opere che rappresentano determinate persone.

Se si guarda al futuro, al tempo in cui l'era delle reti informatiche sarà davvero iniziata, quando avremo superato questo stadio transitorio, si può immaginare per gli autori un altro metodo per trarre guadagno dalle proprie opere. Si pensi ad un sistema di pagamento digitale che consenta di ottenere denaro per il proprio lavoro. Si immagini di aver un sistema di pagamento digitale che permetta di inviare a qualcuno denaro attraverso Internet; ciò può essere realizzato in vari modi, utilizzando la crittografia, ad esempio. Si immagini che sia consentita la copia fedele di queste opere artistiche, ma scritte in modo che, quando le si ascolti o le si legga o le si guardi, in un angolino dello schermo appaia una finestrella che dice «Premete questo pulsante per spedire un dollaro all'autore», o al musicista o a chiunque sia. Questa finestra compare e basta, non è invadente, sta nel suo angolino. Non dà fastidio, ma è lì, a ricordarvi che è una buona cosa supportare gli scrittori ed i musicisti.

Perciò se il lavoro che si sta leggendo o ascoltando piace, si può pensare: «Perché non dare un dollaro a queste persone? È solo un dollaro. Che cos'è? Non mi accorgerò nemmeno di non averlo». Così le persone cominceranno a mandare un dollaro. La cosa più bella di tutto ciò è che questo meccanismo renderebbe la copia un alleato di autori e musicisti. Quando qualcuno spedisce ad un amico una copia per e-mail, questo amico potrebbe spedire un dollaro. Se l'opera piace veramente, si potrebbe mandare un dollaro più di una volta e questo dollaro sarebbe più di quanto queste persone guadagnano oggi quando qualcuno acquista un loro libro o CD, poiché oggi ricevono solo una piccola parte del guadagno. Gli stessi editori che chiedono il controllo totale sul pubblico in nome degli autori e dei musicisti li stanno fregando da sempre.

Vi raccomando la lettura dell'articolo di Courtney Love nella rivista Salon, un articolo sui pirati che usano il lavoro dei musicisti senza pagarli. Questi pirati sono le case discografiche che pagano ai musicisti il 4% dell'ammontare delle vendite, in media. Ovviamente, i musicisti di successo hanno più potere: prendono più del 4% delle loro ampie vendite, il che vuol dire che la maggior parte dei musicisti che hanno un contratto di registrazione riceve meno del 4% delle loro limitate vendite.

Ecco come funziona: la società discografica investe in pubblicità e considera questa spesa un anticipo ai musicisti, anche se i musicisti non lo vedranno mai. Perciò in teoria quando si acquista un CD, parte di quel denaro dovrebbe andare ai musicisti, ma in pratica non sarà così. In realtà, dovrà ripagare le spese pubblicitarie e i musicisti vedranno parte di quel denaro solo se avranno molto successo.

I musicisti, naturalmente, firmano i loro contratti perché sperano di essere tra i pochi fortunati che avranno grande successo. Perciò sostanzialmente vengono lusingati con l'offerta di una lotteria. Anche se sono bravi musicisti, possono non essere così bravi, così sottili nel ragionamento da accorgersi della trappola. Perciò firmano e poi probabilmente quello che ottengono è solo la pubblicità. Allora, perché non facciamo loro pubblicità in modo diverso, non attraverso un sistema da complesso industriale che limita il pubblico e che ci riempie di brutta musica facile da vendere? Invece, perché non far sì che il naturale impulso dell'ascoltatore a condividere la musica che gli piace diventi alleato dei musicisti? Se utilizziamo il riquadro che appare nel player per inviare un dollaro ai musicisti, allora le reti informatiche potrebbero essere il sistema per far loro pubblicità, la stessa pubblicità che ora tutti loro ottengono con i loro contratti.

Dobbiamo riconoscere che l'esistente sistema del diritto d'autore rende un cattivo servizio nel sostenere i musicisti, così come il commercio mondiale rende un cattivo servizio nell'elevare gli standard di vita nelle Filippine e in Cina. Ci sono aree di impresa in cui tutti lavorano in aziende che sfruttano i loro dipendenti e tutti i prodotti sono fabbricati in aziende che sfruttano i loro dipendenti. Sapevo che la globalizzazione era un sistema poco efficace per elevare gli standard di vita all'estero. Diciamo, per produrre qualcosa un americano viene pagato 20 dollari all'ora; un messicano riceve forse 6 dollari al giorno per quello stesso lavoro. Quello che è successo in questo caso è che è stata tolta una notevole quantità di denaro ad un lavoratore americano, è stata data una piccola frazione, per esempio una minima percentuale, ad un messicano ed è stato dato il resto all'azienda. Perciò se l'obiettivo è elevare gli standard di vita dei lavoratori messicani, questo è un modo del tutto inefficace di farlo.

È interessante vedere come lo stesso fenomeno si riscontri nell'industria del diritto d'autore, la stessa idea generale. Nel nome di quei lavoratori che certamente meritano qualcosa, si propongono misure che riservano loro una minima parte sostenendo invece prioritariamente il potere delle grandi società che controllano le nostre vite.

Se si vuole sostituire un sistema molto buono, bisogna lavorare molto seriamente per proporre un'alternativa migliore. Sapendo che il sistema attuale è inefficace, non è così difficile trovare un'alternativa migliore: lo standard con cui ci si confronta è oggi molto basso. Si deve sempre ricordare tutto questo quando si prendono in considerazione le problematiche sulla politica del diritto d'autore.

Penso di aver detto quasi tutto quello che volevo dire. Voglio ricordarvi che domani in Canada è il Phone-In Sick Day. Domani inizierà un summit con l'obiettivo di concludere un accordo sull'area di libero scambio per le Americhe con l'intento di estendere il potere delle grandi società in altri Paesi. In Quebec viene organizzata una grande protesta. Abbiamo visto metodi estremi per bloccare questa protesta. A molti americani viene impedito di entrare in Canada attraverso quel medesimo confine che è loro permesso oltrepassare in ogni altro momento. Con la più debole delle scuse attorno al centro di Quebec è stato costruito un muro per impedire l'accesso ai dimostranti. Abbiamo visto utilizzare molti sporchi trucchi contro la manifestazione pubblica di protesta contro questi trattati. Perciò qualsiasi democrazia ci sia rimasta dopo che i poteri del governo siano stati tolti ai governatori democraticamente eletti e siano stati dati alle imprese e ad organismi internazionali non eletti, qualsiasi cosa rimanga dopo tutto questo, potrebbe non sopravvivere alla repressione cui è stata sottoposta.

Ho dedicato 17 anni della mia vita a lavorare per il software libero e problematiche connesse. Non l'ho fatto perché penso che questo sia il problema politico più importante al mondo. L'ho fatto perché ho visto che era il settore in cui dovevo usare la mia competenza per fare del bene. Ma quello che è successo è che gli aspetti generali della politica sono cambiati ed il maggior problema politico attuale è contrastare la tendenza a dare alle aziende potere sul pubblico e sui governi. Io considero il software libero ed i problemi correlati ad altri aspetti dell'informazione che ho discusso oggi come parte del problema principale. Perciò mi sono trovato indirettamente a lavorare su questo problema. Spero di dare il mio contributo a questa causa.

REPLICA:

THORBURN: Tra poco il pubblico potrà fare domande e commenti. Ma permettetemi di replicare brevemente. Mi sembra che il consiglio pratico più incisivo ed importante che Stallman ci dà abbia due elementi chiave. Uno è riconoscere che i vecchi presupposti ed usi del diritto d'autore sono inappropriati: vengono messi in discussione e delegittimati dall'avvento del computer e delle reti informatiche. Può risultare ovvio, ma è fondamentale.

L'altro è riconoscere che l'era digitale esige che si riconsideri il modo in cui distinguiamo e valutiamo le diverse tipologie di lavoro intellettuale e creativo. Stallman ha sicuramente ragione sul fatto che certi tipi di imprese intellettuali abbiano bisogno più di altre di essere protette dal diritto d'autore. Cercare di individuare sistematicamente questi diversi tipi o livelli di protezione del diritto d'autore mi sembra un modo efficace di affrontare i problemi relativi al lavoro intellettuale posti dall'avvento del computer.

Ma penso di intravedere un altro tema che sta dietro a ciò che Stallman ha detto e che non riguarda direttamente i computer, ma riguarda più ampiamente le istituzioni democratiche ed il potere che il governo e le aziende esercitano in misura sempre maggiore sulla nostra vita. Questo aspetto populista ed anti-monopolista del discorso di Stallman è interessante ma anche riduttivo e potenzialmente semplicistico. Ed è forse anche eccessivamente idealista. Per esempio, come potrebbe sopravvivere un romanziere o un poeta o un autore di canzoni o un musicista o un autore di testi accademici in un mondo meraviglioso in cui le persone siano incoraggiate a pagare gli autori, ma non siano obbligate a farlo? In altre parole mi sembra che la differenza tra la pratica attuale e le possibilità visionarie su cui specula Stallman sia ancora enorme.

Concludo chiedendo a Stallman se vuole approfondire maggiormente alcuni aspetti del suo discorso ed in particolare se vuole esprimere ulteriori idee sul modo in cui potrebbero essere protetti dal suo sistema di diritto d'autore quelli che noi chiamiamo “creatori tradizionali”.

STALLMAN: Prima di tutto, devo far notare che non dovremmo utilizzare il termine “protezione” per descrivere ciò che fa il diritto d'autore. Il diritto d'autore limita le persone. Il termine “protezione” è un termine di propaganda per le aziende che detengono il diritto d'autore. Il termine “protezione” significa impedire che qualcosa venga distrutta in qualche modo. Beh, non penso che una canzone venga distrutta se di essa esistono più copie suonate più volte. Non penso nemmeno che un romanzo si distrugga se più persone ne leggono una copia. Perciò non userei quel termine. Penso che porti ad identificarsi con la parte sbagliata.

Inoltre, pensare in termini di proprietà intellettuale è una cattiva idea per due motivi: in primo luogo perché pregiudica la domanda cruciale in questo campo che è: in che modo dovrebbero essere trattate queste cose? dovrebbero essere trattate o meno come qualche tipo di proprietà? Utilizzare il termine “proprietà intellettuale” per descrivere questo campo vuol dire presupporre che la risposta sia “sì”, che è questo, e non un altro, il modo in cui trattare queste cose.

In secondo luogo, incoraggia una ipergeneralizzazione. La proprietà intellettuale è un concetto onnicomprensivo per parecchi sistemi legali diversi tra loro con origini indipendenti come per esempio diritti d'autore, brevetti, marchi registrati, segreti industriali ed altro. Sono quasi completamente diversi; non hanno niente in comune. Ma chi sente il termine “proprietà intellettuale” viene portato a pensare erroneamente che esista un principio generale di proprietà intellettuale applicato a determinati campi, perciò presuppone che questi differenti campi di applicabilità della legge siano simili. Questo porta non solo a pensare in modo confuso su ciò che sia giusto fare, porta anche a non capire che cosa la legge dice veramente, perché si suppone che la legge sul diritto d'autore e la legge sui brevetti e la legge sui marchi registrati siano simili, mentre invece, di fatto, sono completamente diverse.

Se si vuole incoraggiare un'attenta riflessione e una corretta comprensione di quello che la legge dice, si eviti il termine “proprietà intellettuale”. Si parli di diritto d'autore, o di brevetti, o di marchi registrati o di qualsiasi altro argomento si voglia. Ma non si parli di proprietà intellettuale. Sarebbe assurdo avere un'opinione sulla proprietà intellettuale. Non ho un'opinione sulla proprietà intellettuale, ma ho opinioni sul diritto d'autore, sui brevetti e sui marchi registrati, e sono diverse. Ci sono arrivato attraverso processi di pensiero diversi perché questi sistemi legali sono completamente diversi.

Ho fatto una digressione, ma era estremamente importante.

Adesso vado al dunque. Naturalmente non possiamo sapere ora se funzionerà bene, se funzionerà chiedere agli utenti di pagare volontariamente i loro autori e musicisti preferiti. Una cosa, ovvia, è che tale sistema funzionerà proporzionalmente al numero di persone che utilizzeranno la rete e quel numero, si sa, aumenterà di un ordine di grandezza nei prossimi anni. Se lo provassimo oggi, potrebbe fallire, ma questo non proverebbe niente, perché potrebbe funzionare se il numero delle persone paganti fosse dieci volte maggiore.

L'altra è che non abbiamo ancora a disposizione questo sistema digitale di pagamento in contanti, perciò non siamo oggi in grado di provarlo. Possiamo provare a fare qualcosa di simile. Ci sono servizi che prevedono una firma con i quali si può pagare denaro a qualcuno, cose come PayPal. Ma prima di poter pagare qualcuno con PayPal, si devono affrontare un mucchio di formalità e dare informazioni personali. E vengono effettuate registrazioni sui destinatari dei pagamenti. Ci si può fidare che non se ne abusi?

Non è il dollaro da pagare che potrebbe scoraggiare, ma i problemi connessi al pagamento. L'idea generale è che pagare quando si vuole dovrebbe essere facilissimo e non dovrebbe esserci nulla che scoraggi se non la somma stessa di denaro. E se la somma è abbastanza piccola, perché dovrebbe scoraggiare? Sappiamo comunque che i fan amano davvero i musicisti e sappiamo che alcuni complessi musicali che avevano ed hanno un certo successo come i “Grateful Dead” hanno incoraggiato i loro fan a copiare e ridistribuire la loro musica. Non hanno avuto problemi a guadagnarsi da vivere con la loro musica per aver incoraggiato i fan a registrarla ed a copiare le cassette. Non hanno nemmeno ridotto le vendite dei loro dischi.

Stiamo gradualmente passando dall'era della stampa all'era delle reti informatiche, ma non può accadere in un giorno. Le persone continuano ad acquistare molti dischi e probabilmente continueranno ad acquistarne per molti anni ancora, forse per sempre. Finché si continuerà in questo modo, continuare semplicemente ad applicare i diritti d'autore alla vendita commerciale di dischi dovrebbe sostenere i musicisti quasi altrettanto bene di oggi. Naturalmente, il sistema non è del tutto soddisfacente, ma almeno non sarà peggiore.

DISCUSSIONE:

DOMANDA: [Un commento e una domanda a proposito della libertà di download e a proposito del tentativo di Stephen King di vendere uno dei suoi racconti a puntate attraverso il web.]

STALLMAN: Si, è interessante sapere quello che ha fatto e cosa è successo. Quando ne sentii parlare la prima volta ero euforico. Pensavo stesse per fare un passo verso un mondo che non sia basato sulla volontà di tenere il pubblico in pugno. Poi ho visto che in realtà scriveva per chiedere al pubblico di pagare. Per spiegare cosa ha fatto: stava pubblicando un racconto a puntate, a rate, e diceva: «Se otterrò abbastanza denaro, ne scriverò ancora». Ma la sua richiesta ben difficilmente era una richiesta. Minacciava il lettore. Diceva: «Se non pagate siete cattivi, e se ci sono troppi fra di voi che si comportano male semplicemente smetterò di scrivere».

Bene, chiaramente questo non è il modo di far sentire il pubblico invogliato a mandarti dei soldi. Devi far sì che ti amino, non che ti temano.

INTERVISTATORE: I dettagli sono che ha richiesto ad una certa percentuale – non so esattamente, probabilmente intorno al 90% – di persone che mandassero una certa quantità di denaro, che, credo, fosse di un dollaro o due o qualcosa di quest'ordine di grandezza. Si doveva dare il proprio nome e l'indirizzo e-mail e alcune altre informazioni per scaricare il racconto e se la percentuale non fosse stata raggiunta dopo il primo capitolo, disse che non avrebbe rilasciato un altro capitolo. Era molto antagonistico nei confronti delle persone che lo scaricavano.

DOMANDA: Lo schema in cui non c'è diritto d'autore ma alle persone è richiesto di fare donazioni volontarie non è aperto all'abuso da parte dei plagiari?

STALLMAN: No. Non è quello che ho proposto. Ricordate, sto proponendo che ci debba essere un diritto d'autore che copra la distribuzione commerciale e permetta solo la redistribuzione letterale non commerciale. Così chiunque abbia fatto modifiche per mettere un puntatore al proprio sito invece che a quello dell'autore reale, continuerebbe a violare il diritto d'autore e potrebbe essere citato in giudizio esattamente come avviene oggi.

DOMANDA: Capisco. Quindi stai ancora immaginando un mondo in cui ci sia sempre il diritto d'autore?

STALLMAN: Si. Come ho detto, per questo tipo di opere. Non sto dicendo che dovrebbe essere permesso tutto. Sto proponendo di diminuire i poteri del diritto d'autore, non di abolirli.

THORBURN: Una domanda che mi è venuta in mente quando stavi parlando, Richard, e di nuovo adesso che stavi rispondendo a questa domanda, è perché non consideri i modi in cui il computer stesso può eliminare completamente l'intermediario – in una maniera che Stephen King si è rifiutato di usare – e possono stabilire una relazione personale.

STALLMAN: Bene, possono farlo, ed infatti la donazione volontaria è uno di questi.

THORBURN: Pensi davvero che questo non comporti per niente il passare attraverso un editore?

STALLMAN: Assolutamente no. Spero di no, perché, vedi, gli editori sfruttano gli autori in maniera terribile. Quando fai domande al riguardo ai rappresentanti degli editori loro dicono: «Beh, sì, se un autore o un gruppo non vogliono passare attraverso di noi, non dovrebbe essergli richiesto dalla legge di farlo». Ma in realtà stanno facendo del loro meglio per mettere le cose in modo che questo non sia fattibile. Per esempio stanno proponendo dei formati multimediali con restrizioni sulla copia e per poter pubblicare in questi formati devi passare per i grandi editori perché loro non spiegano a nessuno come farlo. Così sperano in un mondo in cui tutti i riproduttori utilizzino questi formati e per poter ottenere qualcosa da riprodurre sarà necessario passare dagli editori. Così, anche senza nessuna legge che impedisca ad un autore o un musicista di pubblicare direttamente, la cosa non sarebbe fattibile. C'è anche il richiamo di diventare ricchi. Dicono: «Ti faremo pubblicità e forse diventerai ricco come i Beatles». Scegli pure un qualche gruppo di grande successo, ma, naturalmente, solo ad un numero limitato di musicisti potrà accadere quello che è successo a loro. Ma questo potrebbe indurli a firmare contratti che li imprigionerebbero per sempre.

Gli editori tendono ad essere molto scorretti nel rispettare i loro contratti con gli autori. Per esempio i contratti dei libri di solito dicono che se un libro è esaurito i diritti tornano all'autore, e gli editori non sono molto bravi a convivere con questa clausola. Spesso devono esservi costretti. Bene, adesso stanno cominciando ad usare la pubblicazione elettronica per dire che non si può esaurire una edizione; così non dovranno mai restituire i diritti. La loro idea è, quando l'autore non ha voce in capitolo, di farlo firmare, e da allora non avrà più potere, solo l'editore ha il potere.

DOMANDA: Sarebbe bene avere delle licenze libere per diverse tipologie di opere che salvaguardino la libertà di tutti gli utenti di copiarle nella maniera più appropriata per quel tipo di opera?

STALLMAN: Beh, ci sono persone che ci stanno lavorando. Ma per opere non funzionali, una cosa non sostituisce l'altra. Prendiamo un'opera di tipo funzionale, diciamo un elaboratore di testi. Bene, se qualcuno fa un elaboratore di testi libero, lo si può usare, non serve l'elaboratore di testi non libero. Ma non direi che una canzone libera possa sostituire tutte le canzoni non libere o che un racconto libero possa sostituire tutti i racconti non liberi. Per questo tipo di opere le cose sono diverse. Perciò penso che dobbiamo semplicemente riconoscere che queste leggi non meritano di essere rispettate. Non è sbagliato condividere qualcosa con il tuo prossimo, e se qualcuno dice che non puoi condividere con il tuo prossimo, non dovresti ascoltarlo.

DOMANDA: A proposito delle opere funzionali, secondo te, come si bilancia l'esigenza di abolire il diritto d'autore con l'esigenza di incentivi economici per favorire lo sviluppo di queste opere funzionali?

STALLMAN: Bene, quello che si vede è, prima di tutto, che questi incentivi economici sono molto meno necessari di quanto si fosse supposto. Basta guardare al movimento del software libero in cui abbiamo più di 100.000 volontari part-time che sviluppano software libero. Vediamo anche che ci sono altri modi per raccogliere fondi che non sono basati sull'impedire al pubblico di copiare e modificare queste opere. Questa è l'interessante lezione data dal movimento del software libero. A parte il fatto che offre un modo per utilizzare il computer mantenendo la propria libertà di condividere e cooperare con altre persone, ci mostra anche che presupporre che le persone non farebbero mai queste cose senza che vengano loro dati poteri speciali per costringere gli altri a pagarli è semplicemente sbagliato. Molte persone fanno queste cose. Inoltre se si guarda per esempio alla scrittura di monografie che servono come libro di testo in molti campi della scienza, tranne quelle molto elementari, ci si accorge che in questo modo gli autori non si arricchiscono. Abbiamo un progetto di enciclopedia libera che è, infatti, un progetto commerciale di enciclopedia libera, e fa progressi. Avevamo un progetto per una enciclopedia GNU ma ci siamo uniti al progetto commerciale quando hanno adottato la nostra licenza. In Gennaio sono passati alla GNU-Free Documentation License per tutti gli articoli nella loro enciclopedia. Così abbiamo detto: «Bene, uniamo le nostre forze e invitiamo le persone a contribuire». Si chiama “Nupedia”, e ne trovate il link a http://www.gnu.org/encyclopedia. Così abbiamo esteso lo sviluppo comunitario di una base libera di conoscenze utili dal software all'enciclopedia. Sono piuttosto fiducioso adesso che in tutte queste aree del lavoro funzionale non serva un incentivo economico fino al punto di dover rivedere l'uso di queste opere.

THORBURN: Ed a proposito delle altre due categorie?

STALLMAN: Per le altre due classi di opere, non lo so. Non so se un giorno si scriveranno romanzi senza preoccuparsi se ci si potrà far soldi. In una società post-scarsità credo che si farà. Forse quello che dobbiamo fare per poter raggiungere una società post-scarsità è liberarci dal controllo delle compagnie sull'economia e sulle leggi. Così in effetti si tratta del problema dell'uovo e della gallina. Cosa facciamo prima? Come possiamo ottenere un mondo dove le persone non debbano disperatamente rincorrere il denaro se non rimuovendo il controllo delle aziende? E come possiamo rimuovere il controllo delle aziende se non [...] In ogni caso, non lo so, ecco perché sto tentando di proporre prima un sistema di diritto d'autore di compromesso e poi il pagamento volontario supportato da questo sistema di compromesso come modo per procurare un reddito a chi scrive queste opere.

DOMANDA: Come ti aspetti in pratica di realizzare questo sistema di diritto d'autore di compromesso sotto la stretta soffocante degli interessi aziendali sui politici americani dovuti al sistema di finanziamento delle campagne elettorali?

STALLMAN: Non saprei!. Vorrei saperlo. È un problema terribilmente difficile. Se sapessi come risolvere questo problema, lo risolverei e niente al mondo mi renderebbe più fiero.

DOMANDA: Come si può lottare contro il controllo delle aziende? Perché se si guarda alle somme di denaro che vanno per le lobby aziendali nel caso di cause processuali, è enorme. Penso che il caso DECS di cui stai parlando stia costando qualcosa come un milione e mezzo di dollari alla difesa. Dio sa quanto è costato alle aziende. Hai una qualche idea di come trattare queste enormi somme di denaro?

STALLMAN: Ho un suggerimento. Se suggerissi di boicottare totalmente i film, lo ignorerebbero. Lo considererebbero troppo radicale. Perciò vorrei dare un suggerimento leggermente diverso, ma che, alla fine, arriva quasi allo stesso risultato, e cioè: non andate a vedere un film a meno che non abbiate un valido motivo per pensare che è bello. Questo condurrà in pratica allo stesso risultato di boicottare totalmente i film di Hollywood. Per estensione è quasi lo stesso, ma nelle intenzioni è molto diverso. Mi sono reso conto che molte persone vanno al cinema per ragioni che non hanno nulla a che fare con il fatto che pensino che il film sia bello. Se si cambiano le abitudini, se si va a vedere un film solo quando si ha qualche sostanziale ragione per pensare che sia valido, si toglierà loro un sacco di soldi.

THORBURN: Una maniera per capire tutto questo discorso, penso, è riconoscere che quando una qualunque tecnologia radicale e potenzialmente rivoluzionaria fa la sua comparsa nella società c'è uno scontro su chi la controlla. Oggi stiamo ripetendo quello che è avvenuto in passato. Perciò da questo punto di vista può darsi che non ci sia motivo di disperare o anche solo pessimismo su quello che avverrà nel lungo periodo. Ma a breve termine la lotta per il controllo dei testi e delle immagini, su tutte le altre forme di informazione, sarà probabilmente dolorosa e pervasiva. Per esempio, come insegnante di tecnologie della comunicazione il mio accesso alle immagini è stato di recente limitato in una maniera mai vista prima. Se scrivo un saggio in cui voglio utilizzare immagini, tratte anche da film, è diventato molto più difficile ottenere il permesso di utilizzarle, e i prezzi richiesti per usarle sono molto più alti, anche quando come argomenti mi richiamo alla ricerca intellettuale e alla categoria legale del fair use. Per questo penso, in questo momento di diffuse trasformazioni, che le prospettive di lungo periodo possano non essere così sconvolgenti come quello che sta accadendo a breve termine. Ma in ogni caso dobbiamo capire che l'insieme della nostra esperienza contemporanea è una versione rinnovata dello scontro per il controllo delle risorse tecnologiche che è un principio ricorrente della società occidentale.

È anche essenziale capire che la storia delle tecnologie più antiche è di per sé una materia complessa. L'impatto della stampa in Spagna, per esempio, è radicalmente diverso dall'impatto in Inghilterra o in Francia.

DOMANDA: Una delle cose che mi danno fastidio quando sento discussioni sul diritto d'autore è che spesso si comincia con: «Vogliamo un cambiamento totale. Vogliamo sbarazzarci di ogni tipo di controllo». Mi pare che a monte della suddivisione nelle tre categorie suggerite ci sia il riconoscimento che il diritto d'autore ha un qualche senso. Alcuni critici dell'attuale sistema del diritto d'autore credono che in effetti bisognerebbe sostenerlo e farlo funzionare in modo molto più simile a brevetti e marchi registrati per quanto riguarda la sua durata. Vorrei che il nostro ospite commentasse questa strategia.

STALLMAN: Concordo che abbreviare la durata del diritto d'autore sia una buona idea. Non c'è assolutamente bisogno, per quanto riguarda l'incoraggiamento alla pubblicazione, della possibilità che i diritti d'autore durino fino a 150 anni, cosa possibile in alcuni casi con la legge attuale. Ora, le aziende dicevano che un diritto d'autore di 75 anni su un'opera da loro pagata non era abbastanza lungo per renderne possibile la produzione. Vorrei sfidare queste società a presentare delle proiezioni di bilancio per i prossimi 75 anni da ora per supportare questa affermazione. Quello che volevano davvero era semplicemente il poter estendere il diritto d'autore sulle vecchie opere, in modo da poter continuare a restringerne l'uso. Sinceramente mi sfugge come si possa incoraggiare la produzione di opere negli anni Venti estendendo il diritto d'autore oggi, a meno che queste società non abbiano una macchina del tempo da qualche parte. Certamente in uno dei loro film avevano una macchina del tempo. Quindi forse è questo che li ha influenzati.

DOMANDA: Hai mai pensato di estendere il concetto di fair use, e potresti chiarircene qualche sfumatura?

STALLMAN: L'idea di dare a tutti il permesso di fare copie integrali, non per uso commerciale, di due dei tre tipi di opere, certamente potrebbe essere intesa come un'estensione del fair use. È un concetto di fair use più ampio dell'attuale. Se l'idea è che il pubblico rinunci a certe libertà per avere più progresso, allora si può segnare il confine in vari punti: quali libertà il pubblico abbandona e quali libertà mantiene?

DOMANDA: Per fare una breve digressione, in certi campi dello spettacolo esiste il concetto di “rappresentazione pubblica”. Quindi, per esempio, il diritto d'autore non ci impedisce di cantare i canti natalizi al momento opportuno, ma impedisce la loro esecuzione in pubblico. E mi chiedo se non sarebbe utile espandere il fair use, anziché alla copia letterale e non commerciale senza limiti, a qualcosa di meno ma comunque più ampio del concetto attuale di fair use.

STALLMAN: Prima pensavo che questo sarebbe stato sufficiente, ma poi Napster mi ha convinto del contrario: Napster è usato dai suoi utenti per una ridistribuzione letterale non commerciale. Il server di Napster, in sé, è un'attività commerciale, ma chi mette a disposizione il materiale lo fa senza scopo di lucro, ed avrebbe potuto altrettanto facilmente metterlo a disposizione sui propri siti. L'incredibile eccitazione, interesse ed uso di Napster mostra che è utilissimo. Quindi ora sono convinto che si debba avere il diritto a copie ridistribuite non commerciali e letterali di qualsiasi cosa.

DOMANDA: Un'analogia che mi è stata suggerita di recente per l'intera vicenda di Napster è quella di una biblioteca pubblica. Credo che alcuni di voi che hanno seguito le discussioni su Napster l'abbiano già sentita. Vorrei che la commentassi. A volte, chi sostiene coloro che dicono che Napster dovrebbe continuare senza restrizioni, dice qualcosa di questo genere: «Quando si va in una biblioteca pubblica e si prende in prestito un libro, non lo si paga, e lo si può prendere in prestito decine, centinaia di volte, senza alcun pagamento aggiuntivo. Perché Napster sarebbe diverso?»

STALLMAN: Non è esattamente lo stesso. Ma bisognerebbe sottolineare che gli editori vogliono trasformare le biblioteche pubbliche in negozi pay-per-use. Quindi essi sono contro le biblioteche pubbliche.

DOMANDA: Queste idee sul diritto d'autore potrebbero suggerire nuove idee per certe questioni relative alle leggi sui brevetti come la produzione di farmaci generici economici da usare in Africa?

STALLMAN: No, sono due cose completamente diverse. Le questioni sui brevetti sono completamente diverse da quelle sul diritto d'autore. L'idea che abbiano qualcosa in comune è una delle spiacevoli conseguenze dell'uso del termine “proprietà intellettuale”, e dell'incoraggiare le persone a tentare di trattare alla stessa stregua queste questioni, perché, come avete sentito, finora ho parlato di questioni in cui il prezzo della copia non è la cosa cruciale. Ma qual è la questione cruciale a proposito della produzione di farmaci per l'AIDS per l'Africa? È il prezzo, null'altro che il prezzo.

Qui spunta la questione di cui parlavo, perché la tecnologia dell'informazione digitale dà ad ogni utente la possibilità di fare copie. Insomma, nulla può dare a tutti la capacità di copiare dei medicinali. Io non sono capace di copiare un medicinale che ho. E nessuno è capace; i medicinali non si fanno così. Quei medicinali si possono fare solo in grandi fabbriche ed in effetti sono tutti prodotti in costose fabbriche centralizzate, sia i farmaci generici sia quelli importati dagli Stati Uniti. In ogni caso, sono destinati ad essere prodotti in un piccolo numero di aziende, e la questione è semplicemente quanto costino e se siano disponibili ad un prezzo che gli africani possono permettersi.

Quindi questa è una questione terribilmente importante, ma completamente diversa. C'è solo un'area in cui emerge un problema con i brevetti che è in effetti simile a queste questioni relative alla libertà di copia, cioè nell'area dell'agricoltura. Poiché in effetti ci sono delle cose brevettate che possono essere copie, più o meno, e sono gli esseri viventi. Si copiano quando si riproducono. Non è necessariamente una copia esatta, c'è un rimescolamento di geni. Ma il fatto è che i contadini da millenni sfruttano la capacità di autoreplicarsi degli organismi viventi che coltivano. L'agricoltura è, essenzialmente, copiare le cose che si sono coltivate e continuare a copiarle ogni anno. Quando varietà vegetali e animali vengono brevettate, quando dei geni vengono brevettati e in esse utilizzati, il risultato è che i contadini non possono più comportarsi come hanno sempre fatto.

Un contadino canadese aveva una varietà brevettata che cresceva nel suo campo, e spiegò: «Non l'ho fatto apposta. Il polline è stato trascinato dal vento, e i geni di quel polline sono entrati nel mio assortimento di piante». Gli è stato risposto che non importava: doveva distruggerle in ogni caso. È un caso limite di quanto il governo possa appoggiare un monopolista.

Quindi credo che, seguendo gli stessi principi che io applico al copiare cose sui computer, gli agricoltori dovrebbero avere un indiscutibile diritto di mettere da parte i semi e selezionare il bestiame. Ci potrebbero forse essere brevetti che proteggono le ditte di semi, ma non dovrebbero influenzare l'operato dei contadini.

DOMANDA: Perché un modello abbia successo serve ben più di una buona licenza. Puoi parlarcene?

STALLMAN: Ovviamente. Ecco, non è che io sappia le risposte. Ma credo che l'idealismo abbia una parte essenziale nello sviluppo di un'informazione libera e funzionale. Si deve capire che è importante che questa informazione sia libera, che solo quando l'informazione è libera se ne può fare pieno uso: quando è limitata, non si può. Bisogna che si riconosca che l'informazione non libera è un tentativo di “dividerci, tenerci impotenti e sottometterci”. Allora si potrà afferrare l'idea: «Lavoriamo insieme per produrre l'informazione che vogliamo usare, in modo che non sia sotto il controllo di qualche persona potente che ci ordini cosa possiamo farne».

Questo dà una grande spinta all'iniziativa. Non so quanto funzionerà nelle diverse aree, ma penso che ci sia un modo concreto di farlo nel campo dell'istruzione, quando si cercano libri di testo. Ci sono tantissimi docenti nel mondo, docenti che non lavorano in università prestigiose (magari sono alle superiori, o al college) dove non scrivono né pubblicano un sacco di cose e non sono molto ricercati. Ma molti di loro sono brillanti. Molti conoscono bene le loro materie e potrebbero scrivere libri di testo per molte materie, condividerli con tutto il mondo e ricevere molti apprezzamenti da chi avrà imparato da loro.

DOMANDA: È quello che dicevo io. Ma, per combinazione, conosco la storia dell'istruzione. È il mio lavoro: progetti educativi elettronici multimediali. E non ho potuto trovare nemmeno un esempio di questo tipo. Tu ne puoi trovare?

STALLMAN: No. Ho cominciato a proporre questa enciclopedia e risorse per l'apprendimento libere un paio di anni fa, e credevo che ci sarebbero voluti una decina d'anni perché la cosa cominciasse a funzionare. Invece già adesso abbiamo un'enciclopedia che funziona. Quindi le cose stanno andando più velocemente di quanto sperassi. Credo che ci serva qualcuno che cominci a scrivere dei libri di testo liberi. Scrivetene uno sulla vostra materia preferita, o scrivetene una parte. Scrivetene alcuni capitoli e sollecitate altri a finirlo.

DOMANDA: Veramente cercavo qualcosa di più. Quello che conta in questo tipo di struttura è qualcuno che crei un'infrastruttura a cui chiunque altro possa contribuire. Non c'è da nessuna parte un'infrastruttura a livello di scuola di base a cui contribuire per questo tipo di materiali.

Le informazioni si possono ottenere da molti posti, ma non sono fornite sotto licenze libere, quindi non si possono usare per fare un libro di testo libero.

STALLMAN: Veramente, non c'è un diritto d'autore sulle informazioni in sé. Il diritto d'autore copre il modo in cui un'informazione è scritta. Quindi si può imparare una materia da qualsiasi parte e poi scrivere un libro di testo, e poi rendere quel libro di testo libero, se si vuole.

DOMANDA: Ma non posso scrivere da solo tutti i libri di testo di cui uno studente ha bisogno nella sua carriera scolastica.

STALLMAN: In effetti è vero. Ma anch'io non ho scritto un intero sistema operativo libero. Ho scritto qualche pezzo ed invitato altri ad unirsi e scrivere altri pezzi. Quindi ho solo dato l'esempio. Ho detto: «Vado in questa direzione. Unitevi a me e raggiungeremo l'obiettivo». E si sono unite a me abbastanza persone perché lo raggiungessimo. Può essere scoraggiante pensare in termini di «Come farò da solo a finire questo immenso lavoro?». Quindi il punto è: non considerarlo in questo modo, ma pensare a fare il primo passo e accorgersi che dopo averlo fatto, altri faranno altri passi e, insieme, alla fine il lavoro sarà realizzato.

Supponendo che l'umanità non si spazzi via da sola, il lavoro che facciamo oggi per produrre l'infrastruttura educativa libera, la risorsa libera di apprendimento per il mondo, sarà utile finché esisterà l'umanità. Anche se ci volessero vent'anni per farla, cosa importa? Non bisogna pensare alle dimensioni dell'intero lavoro, ma alle dimensioni della parte che si vuole fare. Questo dimostrerà a tutti che si può fare, e così altri faranno altre parti.